La stazione

- Titolo: La stazione
- Autore: Jacopo De Michelis
- Editore: Giunti
- Pagine: 870
- Anno di pubblicazione: 2022
- VOTO: 🍵🍵🍵🍵/5
Trama: Siamo a Milano nel 2003, Riccardo Mezzanotte è un giovane ispettore di polizia con un passato pieno di problemi e un nome, quello del padre, che pesa come un macigno. E' appena stato trasferito alla Polfer all'interno della Stazione Centrale di Milano. Evitato da quasi tutti i colleghi per le sue scelte, testardo e spesso insofferente si troverà in molteplici guai. Un giorno però all'interno della stazione iniziano a comparire i cadaveri di alcuni animali orrendamente mutilati, nessuno sembra farci caso, ma a Mezzanotte quei fatti sembrano sospetti e così, contro il parere di tutti inizierà ad indagare.
Laura è una giovane studentessa proveniente da una ricca famiglia milanese, sembra una ricca e viziata ragazza qualunque, ma Laura ha un segreto che non vuole che nessuno scopra. Inizierà a fare volontariato presso un Centro d'ascolto proprio all'interno della stazione. In breve anche lei finirà per indagare su qualcuno: due bambini che vede spesso aggirarsi soli all'interno della stazione.
Le vicende dei due finiranno per intrecciarsi in una situazione più grande di quello che chiunque si sarebbe aspettato.
Ho deciso di leggere questo libro principalmente per la copertina, eh sì con me le scelte di marketing funzionano sempre alla grande XD. Sono corsa subito a comprarlo, ma poi ovviamente prima di avere il coraggio di affrontare un tomo di 870 pagine ho sentito il bisogno di leggere qualche recensione di lettori che, al contrario di me, le recensioni le sanno davvero fare! XD
Ho trovato pareri davvero discordanti, chi diceva di aver trovato un buon romanzo, chi lo etichettava semplicemente come una lettura discreta ma facilmente dimenticabile e chi invece lo criticava aspramente.
La critica che ho riscontrato di più è proprio quella dovuta alla lunghezza, insomma i tomi sono sempre duri da affrontare e si rischia sempre di ritrovarsi con un pugno di mosche. All'autore è stata infatti mossa la critica della prolissità, ho letto frasi del tipo "si poteva fare a meno di 400 pagine" "troppi inutili dettagli" "troppe divagazioni". Insomma io amo la prolissità, mi piace quando l'abbondanza di dettagli mi fa sprofondare nella storia. Ma anche io nelle prime duecento pagine di questo romanzo ero quasi tentata di ritrovarmi del parere di chi aveva criticato la mole di questo libro, poi lentamente ho lasciato che l'autore mi portasse dove desiderava, perché in fondo lo stile narrativo era scorrevole e trascinante, la storia si stava facendo interessante e le pagine si divoravano abbastanza rapidamente. Ed è così che mi sono trovata immersa in una trama che mi ha accompagnato per parecchio tempo lasciandomi con una sensazione di vuoto quando mi sono trovata a dover dire addio a Riccardo e Laura.
Solitamente non amo le ambientazioni italiane, non chiedetemi il perché, non lo so nemmeno io. Questa volta invece la stazione di Milano mi ha affascinato moltissimo, lo stesso luogo ha finito per diventare uno dei personaggi della storia, uno dei principali addirittura. E' infatti quasi totalmente all'interno delle sue viscere che si svolge l'intera vicenda. Anche i personaggi in carne e ossa sono ben costruiti e la ricchezza di dettagli sulla loro vita li rende così reali che mi sembrava di conoscerli davvero anche nella vita reale.
Quello che può trarre in inganno è la classificazione a thriller che molti hanno fatto, questo libro è difficilmente etichettabile ad un solo genere, al suo interno troviamo note di thriller certo, ma anche il profumo dell'horror e qualche vago sentore di storico. Scopriremo infatti che anche se ci troviamo nel 2003 la trama affonda le sue radici fin nell'epoca del fascismo.
L'autore poi ci fa viaggiare lontano, portandoci fino in Africa per conoscere le leggende della religione vodoo, ovunque si nota l'accuratezza della ricerca storica che c'è dietro al libro ed è inevitabile non lasciarsi affascinare.
In conclusione, sì sicuramente è un libro prolisso e forse si sarebbe potuto fare a meno di centinaia di pagine dopotutto poco sopra io ve l'ho riassunto in pochissime righe, ma la vera domanda non è se si può fare a meno di alcune pagine, ma se davvero lo si vuole. E onestamente la mia risposta è no. Certo il testo non è un capolavoro letterario, ma io mi sono affezionata ad ognuna di quelle 870 pagine. Quelle pagine mi hanno trascinato in una storia che mi ha portato via dalla mia vita quotidiana facendomi dimenticare problemi e doveri. Quindi, a mio modesto parere, quando un libro è capace di portarti via dalla tua stessa vita per la lunghezza di ottocento e passa pagine, quello è un buon libro. E pur amando i grandi capolavori della letteratura e riconoscendone la grandezza io sono dell'idea che al giorno d'oggi con la vita che ci troviamo a vivere ci sia sempre un immenso bisogno di buoni libri.
Perciò se la pensate come me, mettetevi comodi in poltrona e iniziate a leggere "La Stazione" non ve ne pentirete.